Macchina di Santa Rosa

Macchina di Santa Rosa

sollevate e fermi!

Il trasporto della Macchina di Santa Rosa, riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità, è la principale e più conosciuta festa di Viterbo, dedicata alla patrona Santa Rosa. Una donna del popolo vissuta nel XIII secolo e morta a soli diciotto anni, di profonda fede religiosa, nell’epoca delle lotte tra papato e impero. La sua memoria è rievocata dai viterbesi attraverso la spettacolare manifestazione che si svolge il 3 settembre di ogni anno.

La Macchina di Santa Rosa, una delle più interessanti feste tradizionali italiane, consiste in una torre illuminata da fiaccole e luci elettriche. Realizzata in metalli leggeri e vetroresina, è alta quasi 30 metri e pesante 5 tonnellate. Viene sollevata e portata a spalla da un centinaio di robusti uomini detti Facchini di Santa Rosa lungo un percorso di poco più di un chilometro. Tale tragitto si snoda lungo le vie, talvolta molto strette, e le piazze del centro cittadino, tra ali di folla con il fiato sospeso.

Image
Image

Le origini della Macchina risalgono agli anni successivi al 1258. Per ricordare la traslazione del corpo di Santa Rosa dalla chiesa di Santa Maria in Poggio alla chiesa esistente sul luogo dell’attuale Santuario di Santa Rosa, si volle ripetere la processione trasportando un’immagine o una statua della Santa illuminata su un baldacchino. Baldacchino che assunse nei secoli dimensioni sempre più colossali. A volere la traslazione, il 4 settembre 1258, fu il papa Alessandro IV.

Image
“3 settembre: una giornata speciale”

Dopo il pranzo, vestiti nella tradizionale divisa bianca con fascia rossa alla vita (il bianco simboleggia la purezza di spirito della patrona, il rosso i cardinali che nel 1258 traslarono il suo corpo), si recano in Comune dove ricevono i saluti delle autorità. Quindi vanno in visita a sette chiese del centro, infine in ritiro al convento dei Cappuccini. Qui il capo facchino impartisce loro le ultime indicazioni sul trasporto.

Verso le ore 20, i Facchini, preceduti dalla banda musicale di Vejano (VT) che intona il loro inno, partendo dal Santuario di Santa Rosa percorrono a ritroso il tragitto della Macchina. Acclamati dalla folla, raggiungono la chiesa di San Sisto, presso Porta Romana, accanto alla “mossa” (il punto dove si assembla la Macchina di Santa Rosa nei giorni precedenti). Qui il vescovo impartisce loro la benedizione in articulo mortis, che prepara i Facchini ai sacrifici che dovranno affrontare per traslare con la sola forza fisica e la fede l’immane peso della Macchina per oltre un chilometro. Alle 21 comincia il trasporto

I Facchini di Santa Rosa e il trasporto

I Facchini prendono posto sotto le travi alla base della Macchina. Essi si dividono in varie categorie, in funzione della posizione e dei compiti. Ad esempio ci sono i ciuffi, dal caratteristico nome del copricapo in cuoio che protegge la nuca agli uomini nelle nove file interne; poi le spallette e le stanghette , cioè i facchini occupanti le file esterne. Una volta posizionati, agli ordini del capofacchino – “Sotto col ciuffo e fermi!“, “Sollevate e fermi!” e “Santa Rosa, avanti!” – iniziano il difficile percorso.

Dopo alcune soste e circa due ore, i Facchini sono chiamati al grande sforzo finale: una ripida via in salita che conduce al Santuario di Santa Rosa. Si effettua quasi a passo di corsa, con l’aiuto di corde anteriori in aggiunta e di travi dette leve che spingono posteriormente. Quando si posa la gigantesca torcia splendente sui cavalletti di sostegno, è compiuto un altro trasporto: il trionfo di un’intera città. La Macchina rimane esposta per vari giorni, mentre l’urna che custodisce il corpo della patrona è visitata da migliaia di fedeli.

Poderi Diffusi

Poggio Martino

Panorami mozzafiato in un luogo fra i più belli della campagna Maremmana.